L’immaginario collettivo, approccia l’ evoluzione tecnologica come una conquista ferma nel tempo che migliora la vita e permette di svolgere nella quotidianità incombenze prima difficili e poi semplificate oppure realizzare nuove azioni prima impensabili anche solo nella fantasia. Se questa adattata definizione viene applicata al modello di business e alle logiche di mercato la conseguenza diretta è una migliore qualità del lavoro, una più meticolosa capacità di analisi ed una precisa risposta alle domande specifiche di un peculiare aspetto della attività svolta. Le logiche imprenditoriali assorbono sempre più velocemente le innovazioni tecnologiche e le plasmano in modo unico nelle proprie realtà produttive e commerciali. In meno di 20 anni si è riscontrata una mutazione disomogenea del paradigma tradizionale di impresa, intesa come soggetto attivo che ha lo scopo di creare ricchezza e di fornire una qualità migliore della condizione di vita collettiva. Se analizziamo la direzione assunta da questo assunto, riscontriamo però spesso delle distorsioni in termini globali di produzione oppure di fornitura di servizi. Spesso un esempio calzante è l’abbattimento dei costi a scapito della qualità oppure la possibilità della delocalizzazione in termini di risparmio dei costi da un territorio ad un altro. E’ incomprensibile la direzione assunta da un mercato basato su presupposti volatili se non si analizza la rapida mutazione che ha travolto la basi capitalistiche globali considerando i cambiamenti ormai a cadenza quinquennale tra società, evoluzione tecnologica e gli obiettivi dei soggetti coinvolti. Doveroso poi al termine delle premesse appena descritte, inserire perentoriamente all’interno di questo quadro di riferimento le interferenze impreviste in un globo terraqueo quasi alla apparenza imperturbabile, ma nello specifico caotico ed entropico. Come prevedere con esattezza l’approdare di una pandemia globale mai riscontrata nell’era moderna, se non con i termini “lontani” della minaccia causata dal virus dalla aviaria di qualche anno addietro che ha solamente sfiorato i continenti della terra. Proprio sul finire della drammatica evoluzione di questa piaga globale, si deve poi inserire un antico fenomeno, inaspettato ai nostri tempi, ma indelebile nella storia dell’uomo: uno o più conflitti armati che coinvolgono aree cruciali della geopolitica e si incrociano con le tendenze religiose a collante di una società oramai scompaginata per definizione, in cui la pietas è un accessorio ed in cui il più forte, dettando la propria agenda, condiziona profondamente il modello di sviluppo, le dinamiche sociali più comuni e quotidiane fino alle decisioni più drammatiche spesso mascherate da un imprescindibile senso di spietata ipocrisia.
L’orientamento della evoluzione tecnologica non si è protratto oltre un orizzonte immediato di convenienza alla logica del profitto e neanche spinto fino ad abbattere le differenze innate tra gli individui, tra le società, tra i vari modelli di vita comune. Non è possibile affrontare sfide come la transizione ecologica, le automazioni sociali o la conquista della spazio senza un senso comune di appartenenza allo stesso modello di convivenza, rispetto, tolleranza. E’ molto chiaro come il rischio di distruggere tutto sia quanto mai incombente e basato sulla sola scelta di qualche individuo potente e spesso irresponsabile. In quelle stanze, quelle stanze del potere, vi sono rinchiusi i più terribili incubi della intera umanità: uomini e donne che creano scenari apocalittici a seguito di una distruzione globale o di una inattesa prevaricazione da parte di una potenza su di una altra. Drammaticamente il vicolo cieco che si è creato, coinvolge sia buoni che cattivi e le differenze si incrociano in gioco di chiaro scuro in cui il male abbraccia il bene e viceversa. E l’umanità, in quale delle due realtà risiede, forse in tutte e due? possiamo sfruttare la tecnologia per costruire o per distruggere, per creare o per cancellare, indubbiamente l’etica che muove la spinta al progresso è legata da il senso di umana speranza, di consapevolezza di responsabilità. Lo sguardo sui tempi, altro non è che un punto di vista soggettivo, privo di emozione, freddo come un gelido blocco di ghiaccio, rovente come un falò bruciante, innocuo come un respiro, mortale come l’orgoglio di poter realizzare le aleatorie aspirazioni di qualche folle.